Muoversi 1 2021
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PARTICOLATO ATMOSFERICO E COVID-19: NON CI SONO INTERAZIONI

PARTICOLATO ATMOSFERICO E COVID-19: NON CI SONO INTERAZIONI

I falsi miti che sfatiamo questa volta sono riferiti al rapporto tra presenza di particolato nell’aria e diffusione del Covid, su cui tante ipotesi sono state fatte in questi mesi: e invece la notizia è che non c’è nessun rapporto.

Ne avevamo parlato già sul numero 3/2020, ma ora c’è uno studio congiunto condotto dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr e dall’Arpa Lombardia, pubblicato su Environmental Research, dopo aver analizzato le concentrazioni di
Covid-19 nell’aria nelle città di Milano e Bergamo e le interazioni con le altre particelle presenti in atmosfera, ha evidenziato come non sono presenti relazioni dirette tra quantità di particolato e maggiore diffusione del virus.

Si tratta di un falso mito che ha molto circolato in questi mesi, dopo che la prima ondata della pandemia ha colpito in Italia in modo più significativo aree territoriali – come la Lombardia e tutto il Nord Italia – ad alta presenza di particolato, lasciando immaginare che scarsa ventilazione, stabilità atmosferica e elevate concentrazioni di particolato potessero favorire la trasmissione del virus. La ricerca dimostra invece che particolato atmosferico e virus non interagiscono, e non ci sono quindi prove di una una maggiore trasmissione aerea e all’aperto del contagio dove c’è più inquinamento.

Dalle analisi, infatti, è emerso che a Milano come a Bergamo le concentrazioni di particelle virali nell’aria sono sempre state a livelli tali per cui per assorbire una carica virale contagiosa sarebbero state necessarie 38 ore a Milano e 61 a Bergamo per inspirare una sola particella virale (non sempre sufficiente a trasmettere il contagio), con un tempo medio necessario per ammalarsi pari a decine di giorni se non alcuni mesi.

Il particolato atmosferico, conclude quindi la ricerca, non agisce come veicolo del coronavirus, e identificare il Covid-19 nell’aria non appare come metodo efficace per allerte precoci delle ondate pandemiche. Le ragioni di una distribuzione geografica dell’epidemia così irregolare sono quindi ancora da indagare, rispetto a abitudini di contatto e circolazione delle persone, su-perando ogni falso mito per individuare argomenti scientifici seri e provati.

(Qui la ricerca integrale: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0013935120315000)

MENO TRAFFICO E PIÙ INQUINAMENTO

Ancora l’Arpa Piemonte, con una diversa analisi di dati, mette in luce un ulteriore paradosso, che contrasta la convinzione diffusa
– altro falso mito – dell’impatto così rilevante della mobilità sull’inquinamento.

Guardando ai primi dati disponibili sul 2020 (relativi alle aree di Torino) emerge infatti che, in parallelo con la diminuzione della mobilità e quindi del traffico a causa della pandemia e del lockdown (diminuzione stimata in media pari al 60% in
Piemonte a febbraio, al 32% in autunno), le concentrazioni di Pm10 sono aumentate (vedendo crescere, per quanto riguarda ad esempio l’area del Lingotto, la media in microgrammi per centimetro cubo da 28 a 31 tra 2019 e 2020). Tra i fattori che hanno un impatto sull’
inquinamento dell’aria ce ne sono quindi di più rilevanti rispetto al traffico, come ad esempio – stando sempre ai dati di Arpa Piemonte – le biomasse legnose legate a riscaldamento e produzione industriale.